Elogio del “senso”

Salvador Dalì

Guardo la gente passarmi vicino e mi sembra strano che sia fatta com’è.


Perché questa forma allungata verso l’alto?


Perché camminano in avanti. Perché hanno questa forma, che ti sembra normale, finché non ti chiedi: “perché sono così?” .


Se ci pensi questo orientamento in avanti, nello sguardo e nel cammino (fors’anche nel pensare) è certo una delle possibilità, avrebbero potuto camminare indietro come i gamberi o di lato.

Certamente se qualcuno venisse da un altro mondo si meraviglierebbe non poco.

Diamo sempre per scontato tutto perché non ci chiediamo il motivo delle cose, che diamo per ovvio finché, magari perché ubriachi, fatti o senza un cazzo da fare, guardiamo la realtà dall’esterno.


Figuriamoci poi se pensiamo a tutto il resto: denari potere conflitti.


Bah! forse é proprio questo il senso del “tutto é vanità” del Qoelet.


E allora se non siamo morti e non abbiamo il problema di sopravvivere e se abbiamo cibo per affrancarci dal problema di procurarcelo, allora il problema diventa il tempo:

che cazzo faccio?

come impiego il mio tempo?

É l’occidente postcapitalista morbido senza tensione come diceva Oriana Fallaci e come per altri versi diceva Madre Teresa.

E allora ci si crea delle ragioni per dare un senso.
Potere, sentimentalismi, amiicizie, affari, una grande causa giusta.

Tutti schermi più o meno nobili che coprono il vuoto, totem: che finché funzionano ok.

Ma comunque è lì sempre agguato il vano, il vuoto, il nulla, la palude della tristezza: con il suo potenziale di creatività e\autodistruzione, fuori dagli schemi con rischi e potenzialità di un angolo visuale alto o basso.


Estremi, dimensioni opposte tra misticismo santo e autodistruzione diabolica.


Il mistero buono cui affidarsi e in cui catarticamente perderti

o il maldivivere senza scampo,

per cui tutto è occasione e buon motivo per non pensare o disperarsi.

03/06/2015: un pomeriggio estivo “fatto di tramonto”